La misteriosa beata Toscana di Casalmaggiore e il p. Arcangelo Giani

Il benemerito padre Arcangelo Giani († 1623) negli Annali, I, 447-448, ricorda Toscana, una misteriosa beata terziaria dei Servi di Maria, e ne narra la vita trascorsa in penitenza presso il santuario dell’Ordine di Casalmaggiore (CR) e le grazie fatte, attingendo a antiche tradizioni e a un culto presente ai suoi tempi. Traduciamo dal latino:

“Qui in questi stessi tempi [1440] nel paese di Casalmaggiore diocesi di Cremona, fiorì in gran venerazione una certa donna del nostro Ordine Terziario chiamata Toscana. È reso noto che questa dapprima fu delle Suore Equestri dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme e che portava una larga croce bianca sulla spalla sinistra, come è costume di tali Donne e come senza dubbio chiarisce la sua Immagine raffigurata qua e altrove.
I popoli vicini raccontano che vi approdò dopo un lungo giro del mondo fatto per venerare i luoghi santi, e si votò al consorzio dei Terziari dei Servi, come all'ancora sacra della speranza, rifugiandosi sotto l’asilo della Beata Vergine nel suo santuario detto La Madonna della Fontana.
Qualche traccia della sua casetta si vede ancora sulla pubblica via in un certo angolo fuor di quella chiesa; in essa, tra due mura, si rinchiuse in clausura perpetua e stretta penitenza e condusse povera vita, nel digiuno e nella disciplina corporale, attenuata però dalle elemosine dei passanti, fatte tramite una piccola ruota.
In quella vera asperità di vita raccontò una volta di avere frequenti consolazioni dal cielo, il solo e unico che conosceva i suoi segreti e che fuori da noi rimane a amministrare le cose sacre.
Per questo era tenuta nella più grande venerazione dagli abitanti, ed ancora vivente era detta beata, come ci ha riferito un certo venerabile padre fra Giuliano dei Gualtieri della stessa patria secondo una tradizione degli anziani; la quale affermò di aver ricevuto verso il 159o dal venerabile padre Antonio Basiano casalese di 85 anni. Il quale riportò a sua volta che queste stesse cose le aveva sapute da giovane dai padri fra Giovanni Rocco e fra Damiano, che a quel tempo, ugualmente anziani, riferivano la cosa come testimoni oculari, e cioè che lì la beata Toscana era morta in somma santità e che era stata sepolta davanti all’altare nel tempietto, un tempo chiamato col suo nome.
Questo è ciò che anche D. Girolamo di ... [sic] notaio e uno dei primari di Casale ha riportato dalla tradizione degli antichi.

Fummo in quel luogo anche noi tre giorni – quando vi passammo in transito, insieme con maestro Liberio da Roma, allora prefetto della provincia di Mantova, e con il suo socio maestro Paolo Emilio Panvinio da Cremona –, e dagli abitanti udimmo molte meraviglie sulla beata Toscana, e che la sua virtù principale fu l’intercessione per i malati sofferenti di febbre quartana. Infatti un certo Canonico N. ci testimoniò, giurando sul petto che, per la beneficenza e l'intercessione della beata Toscana, fatto un voto, era stato subito liberato dalla febbre quartana, di cui soffriva.
Un altro dei capi di quella terra ci ha riferito spontaneamente e giurando che, subito dopo aver fatto il voto, quando bruciava sempre di più all'inizio della febbre quartana, era scampato grazie all'intercessione della beata Toscana.
Anche il padre fra Domenico di Monte Ferrato, allora presente, sacrestano di quella chiesa, testimoniò che era costume di molti, che quotidianamente imploravano la protezione della beata Toscana, di offrire pie elemosine sopra l’altare per celebrare i sacramenti a favore degli oppressi dalla febbre.
Noi che udimmo ciò, dunque, con unanime consenso, dopo circa centosettanta anni, ritenemmo cosa mirabile trasferire quelle venerande ossa dalla terra in un'arca più degna affinché fossero conservate nel sacrario e fino a una più matura decisione da prendere sopra di esse.
Pertanto, per mano di frate Clemente fiorentino, ch'era allora compagno della nostra peregrinazione, fatto lo scavo nella terra, furono trovate le ossa di una sola donna, con i capelli ancora lunghi e biondi, tra le schegge marcite, con chiavi arrugginite e contorte (a render noto che il venerabile corpo era stato da tempo deposto lì in una piccola arca di legno), reperti non privi di qualche profumo, e che furono collocate nel sacrario con la seguente scheda scritta su pergamena a perpetua memoria:

Della beata Toscana, che assiduamente servì Dio e sua Madre vicino a questo tempio sotto lo strettissimo giogo della penitenza, vestita dell'abito dell'Ordine dei Servi della Vergine Madre, le ossa che umilmente – per quanto preclara di miracoli e massimamente a favore di quelli che furono oppressi dalla febbre quartana e mostrarono diligentemente la salute riacquistata –, hanno riposato nella terra per molti anni, furono trovate dai venerabili padri fra Marco Antonio da Cremona priore e fra Domenico de Monferrato sotto questo altare chiamato con lo stesso suo nome. Per conservare la memoria di una così santa monaca e per aumentare la devozione del popolo, il reverendo padre maestro Arcangelo Giani fiorentino vicario generale di tutta la Provincia servitana di Mantova, le raccolse in questa piccola arca, e durante la visitazione del convento, ne ordinò la riposizione. Il 18 dicembre 1611, su consiglio dei reverendi padri Provinciale e soci.
Poi il maestro Paolo Longhi fiorentino, scriba nella stessa visitazione, in lode della beata cantò e scrisse questi versi, che appose alla piccola arca.

Toscana visse in questo tempio recentemente consacrato,
Ed assiduamente effuse dalla bocca preghiere.
Là le ceneri che il tumulo occultava in terra,
qui le ossa, che questa urna contiene, dello Spirito che adorna le stelle.
Qui per speciale impegno dell'eterno Padre,
i semi della virtù abbondano rigogliosi.
Di coloro che infatti attirava, afflitti dalla febbre quartana,
si è presa cura sollecitamente, e li ha fatti ritornare in sanità.
Pertanto, effondi qui le preghiere, dona la mirra, e l’incenso di Saba,
Affinché lei annuisca ai tuoi voti di supplica.

L'antica immagine di questa beata vergine appare così raffigurata nell'icona dell'omonima cappella: una donna di grande età, dal bel volto, vestita dell'abito nero delle nostre suore e con una bianca e larga croce sopra la spalla sinistra alla maniera di quella usata dai Cavalieri di San Giovanni, i Fratelli di Gerusalemme; la mano destra stesa davanti al petto e nella sinistra una corona di pietruzze.

Si ammonisca però il lettore che vi fu un’altra beata Toscana, che ebbe origine nella campagna veronese prima del 1300, ed è venerata in Verona. Quella era unita al marito, questa si presuppone vergine, quella dell'Ordine di San Giovanni dei Gerosolimitani, questa dell’Ordine dei Servi. Quella morì a Verona nel 1338, questa a Casale nel 1430 [sic], altrimenti quei Padri anziani non avrebbero potuto testimoniare le cose che sono giunte alle nostre orecchie”.

Paola Ircani Menichini, I luglio 2023.
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